Mani operose e creatrici, capaci di rubare i colori del cielo, i frutti del mare, le storie ordinarie e straordinarie della vita di tutti i giorni, per trasformarli in una festa che la città offre a se stessa.
Un momento di evasione, una porta d’accesso a un mondo parallelo dove, per un giorno o due, ci si può rifugiare e ricaricare le batterie.
C’è una lunga tradizione di Carnevale, a Manfredonia, che non si è lasciata scalfire dalla modernità, che si affida ancora, completamente, alle mani, a un modo di operare nell’ombra e nel silenzio, in laboratori e fucine di meraviglie, pronte a esplodere nei giorni clou delle sfilate.
Mani che disegnano, tagliano, cuciono, dipingono, montano: e tra le dita pezzi di stoffa colorata diventano magici costumi, capaci di evocare mondi lontani, esotici e stellari; carta pesta, fili di ferro e gesso diventano carri allegorici che ti lasciano di stucco, a naso in su ad ammirarne l’incedere maestoso.
Mani che impastano, mescolano, friggono: e tra le vie della città gli odori si rincorrono insieme ai coriandoli, cogliendoti all’improvviso con una irrefrenabile voglia di farrate o scagliozzi.
Mani che si intrecciano, si perdono, si ritrovano, perché, come diceva mia madre, “a carnevéle ce fànne e ce sfànne i matrimonje!”.
Mani che pregano, dentro le chiese, come quelle di zia Lina che, nei giorni di Carnevale, aumentava a dismisura le sue ‘ràzzióni’ per scontare i peccati che si facevano fuori, nelle strade…
Ieri come oggi, il Carnevale è lo specchio del popolo sipontino, un rito senza tempo che poggia sulla tradizione e sul lavoro, su regole e precetti che lo legano a questa terra di arte e operosità.
Il sindaco di Manfredonia
Angelo Riccardi
Ufficio Stampa e Comunicazione - Città di Manfredonia
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