Campo di Concentramento di Manfredonia (ex macello comunale)
MAI PIU'!
Ebbene si,forse pochi lo sanno ma anche a Manfredonia c’è stato un campo di concentramento. Molti ne furono quelli aperti in Italia, eppure i lager nazionali non sono affatto menzionati nei manuali di storia. Se siamo a conoscenza di queste notizie è solo grazie a studiosi della microstoria che per la loro profonda passione verso il nostro territorio perdono giorni e giorni di lavoro per far riaffiorare alcuni eventi della storia recente.
Viviano Iazzetti, paleografo dell'Archivio di Stato di Foggia,ha analizzato questi eventi iniziando la sua ricerca quasi per gioco: «Mi incuriosì - racconta - un fascicolo sul 'campo di concentramento di Manfredonia' presente nel fondo "Commissariato della P.S. di Manfredonia". Avevo intenzione di approfondire la ricerca, ma la rivista doveva andare in stampa. Feci una cosa affrettata. Comunque, di documenti ne raccolsi diversi: dagli Atti che servirono a mettere su il campo di concentramento, fino agli elenchi ed alle schede degli internati, che ho trovato a Roma, all'Archivio Centrale dello Stato ed all'Archivio della Polizia. Feci delle statistiche, elaborando i dati relativi ai movimenti del campo. Riuscii persino a contattare qualcuno degli internati. Poi non ne feci più niente».
Nel 1940 iniziarono le ricerche per luoghi idonei dove ubicare i campi di concentramento. A Manfredonia furono individuate due possibili ubicazioni: 1) Villa Rosa, in località Scaloria, dove c'era posto per 160 persone; 2) il Macello comunale di Manfredonia appena ultimato, che con opportune modifiche, poteva ospitare 300 persone. Fu anche ipotizzato l'utilizzo di un convento di Sannicandro Garganico, di proprietà comunale, che poteva contenere 150-180 internati.
Il campo di concentramento di Manfredonia incominciò a funzionare il 16 giugno del 1940. Fu chiuso nel 1943 quando tornò ad essere il vecchi macello e mantenendo tuttoggi la stessa struttura. Come dice Mazzetti quello di Manfredonia non può essere paragonato ad un lager tedesco ma piuttosto era solo un campo di 'internamento': in tre anni vi passarono 519 persone; non raggiunse mai il limite massimo di capienza, che era di 300 unità.
Viviano Iazzetti, paleografo dell'Archivio di Stato di Foggia,ha analizzato questi eventi iniziando la sua ricerca quasi per gioco: «Mi incuriosì - racconta - un fascicolo sul 'campo di concentramento di Manfredonia' presente nel fondo "Commissariato della P.S. di Manfredonia". Avevo intenzione di approfondire la ricerca, ma la rivista doveva andare in stampa. Feci una cosa affrettata. Comunque, di documenti ne raccolsi diversi: dagli Atti che servirono a mettere su il campo di concentramento, fino agli elenchi ed alle schede degli internati, che ho trovato a Roma, all'Archivio Centrale dello Stato ed all'Archivio della Polizia. Feci delle statistiche, elaborando i dati relativi ai movimenti del campo. Riuscii persino a contattare qualcuno degli internati. Poi non ne feci più niente».
Nel 1940 iniziarono le ricerche per luoghi idonei dove ubicare i campi di concentramento. A Manfredonia furono individuate due possibili ubicazioni: 1) Villa Rosa, in località Scaloria, dove c'era posto per 160 persone; 2) il Macello comunale di Manfredonia appena ultimato, che con opportune modifiche, poteva ospitare 300 persone. Fu anche ipotizzato l'utilizzo di un convento di Sannicandro Garganico, di proprietà comunale, che poteva contenere 150-180 internati.
Il campo di concentramento di Manfredonia incominciò a funzionare il 16 giugno del 1940. Fu chiuso nel 1943 quando tornò ad essere il vecchi macello e mantenendo tuttoggi la stessa struttura. Come dice Mazzetti quello di Manfredonia non può essere paragonato ad un lager tedesco ma piuttosto era solo un campo di 'internamento': in tre anni vi passarono 519 persone; non raggiunse mai il limite massimo di capienza, che era di 300 unità.
Dal giugno 1940 al luglio 1943, vi passarono 519 internati con una presenza media giornaliera di 170 persone. La maggior parte di loro erano etichettati come "italiani pericolosi". Oltre ad oppositori politici, vi erano slavi, persone sospettate di spionaggio e nel 1940 furono rinchiusi anche 31 ebrei apolidi rastrellati a Fiume.
Nel porto di Manfredonia venivano imbarcate gli internati destinati alle Isole Tremiti ove accanto alla colonia confinaria era stato installato un campo di concentramento. La presenza a Tremiti tra internati (oltre duecento persone) e confinati oscillò tra le cinquecento e le seicento unità.
Tutto sommato la vita non era poi tanto “difficile”, l’unica restrizione era che la sera gli chiudevano nei camerini, li “Lucchetavano”; potevano, tuttavia, usare un campo di bocce, coltivare un proprio orto.
In genere gli internati, sussidiati dallo Stato, ricevevano un contributo. Con quei soldi acquistavano degli alimenti che si cucinavano da soli; era possibile una doccia ogni dieci giorni,a turno.
Tra gli internati di Manfredonia compare il nome di Sandro Pertini (futuro Presidente della repubblica).
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